Appartenenze, una parola che racchiude tanto: la terra che ci ha generato o il posto in cui viviamo; per me rappresenta entrambe.
Questi racconti sono dedicati a Lei, la mia casa, nascono dalle sue radici e a essa ritornano, in un moto circolare di ringraziamento, come un frutto che spunta in tributo (d)al terreno, origine e compimento.
Sono appartenenze e sono retaggio, perché la fine non può arrestarsi senza ricominciare in altri luoghi e in altre storie, e perché l’eredità, quella dei beni intangibili, è vera solo se sa diventare altrui.
Non penso di appartenere alle persone, che comprendono l’importanza di una cosa quando non la possono più avere; credo piuttosto di appartenere a me stesso e all’essenza fondamentale del luogo che mi ha partorito: la capisco, la vivo e devo scriverla per poter meglio conoscermi a ogni passo. In questa raccolta di racconti mi soffermo spesso sulle mie montagne, sull’altopiano del Fucino che ne è circondato. Non pretendo certo di anteporre la mia terra a quella altrui e al piacere di altre vedute, geografiche ed esistenziali, semplicemente, per dirlo con un esempio matematico, vorrei rendere grazie, tramite un personale e sincero esercizio, al mio “campo di esistenza”.
Il movimento della mia terra e le catene montuose che disegnano il contorno verso il cielo sono dentro il mio sguardo più di qualsiasi altra immagine. Per questo l’altopiano del Fucino – una pianura a 700 metri di altezza media di 14mila ettari che si estende nel cuore della Marsica, in Abruzzo – è il fulcro generante dei miei racconti, Madre e Padre di ogni pensiero. Il Fucino, con la sua origine, per la natura stessa che lo costituisce, mi aiuta a spiegare le mie appartenenze, quell’attaccamento unico e del tutto particolare che i Marsi, che da millenni ne abitano il perimetro, hanno per la terra: Fucino è terra sottratta all’acqua, qualcosa che nasce da una privazione.
Prima di questa immensa distesa di terreni fertilissimi c’era il grande lago del Fucino, il terzo d’Italia per estensione. Quasi completamente prosciugato dagli antichi Romani – subito dopo il tempo in cui i Marsi combatterono Roma per ottenere la loro cittadinanza – il grande lago Fucino, come a voler saldare un conto rimasto in sospeso con l’uomo, è tornato e per secoli ha continuato a dominare e ad aggiogare questa terra: riportando l’uomo a subalterno coprotagonista in totale balìa dei suoi umori, allagando periodicamente con le sue escrescenze terre prima baciate dal sole, ritirandosi lasciandole paludose e insane.
L’uomo, però, sa essere testardo e perseverante e con l’arrivo di Torlonia, poi diventato principe Torlonia grazie al lago stesso, il Fucino, con le sue «acque cristalline e vitree» , è scomparso definitivamente, ma non ha cessato di sovrastare l’uomo ancora per molto.
Gli umili pescatori che dovevano un terzo del pescato ai nobili sono diventati contadini, i «cafoni» di Fontamara, come Silone, illustre natio di questa terra, ha mirabilmente descritto. Solo con le sofferenze e le lotte di tanti Marsi di ieri i contadini sono arrivati a ottenere il diritto alla proprietà delle terre che coltivavano. Terre, queste, che prima erano tutte del principe del Fucino, perché «In capo a tutti c’è Dio, padrone del cielo. Questo ognuno lo sa. Poi viene il principe Torlonia, padrone della terra. Poi vengono le guardie del principe. Poi vengono i cani delle guardie del principe. Poi, nulla. Poi, ancora nulla. Poi, ancora nulla. Poi vengono i cafoni. E si può dire ch’è finito.»
Come fecero gli antichi Marsi per la cittadinanza romana, così i nostri nonni hanno dovuto lottare per ottenere la loro terra.
Le mie appartenenze sono queste: racconti che nascono dalla mia casa e tornano a Lei passando per divagazioni solo apparentemente lontane; e, poi, tantissime altre cose che tutti possiamo scoprire, dentro e fuori di noi, perché tutti, almeno una volta, siamo stati il risultato di una privazione, dell’acqua che si asciuga e lascia un vuoto pieno.
Alcune dettagli interessanti
Appartenenze non è solo testo scritto, tutti i racconti sono illustrati con un disegno a china in bianco e nero.
Tutte le illustrazioni, sono state realizzate dal grande artista Prof. Vincenzo Corsi.